Intervista a Eric Pallante
Eric Pallante, Responsabile Reparto Stampaggio Termoplastico ci racconta vent’anni in NTS e la sua vita ricca di eventi significativi. L’infanzia in Francia, la passione per lo sport e la musica, la costanza nell’applicarsi al lavoro con un metodo improntato al miglioramento continuo.
Quando e come è entrato in NTS?
INTERVISTA A ERIC PALLANTE
In NTS sono entrato nel 2001 ma è da quarant’anni che mi occupo di stampaggio di materie plastiche.
Questo settore mi è sempre piaciuto moltissimo e non mi è mai pesato alzarmi presto la mattina o fare tardi la sera. Spesso, soprattutto in passato, ho lavorato di sabato e domenica perché quello che mi ha sempre animato è la passione per il mio lavoro.
Oggi di cosa ti occupi?
Oggi sono il responsabile tecnico e gestionale del reparto stampaggio termoplastico.
Coordino circa 15 persone: con i miei collaboratori cerco sempre di instaurare un rapporto fondato su dialogo e rispetto. Credo, in particolare, che sia giusto lavorare insieme per dare vita a un metodo di lavoro funzionale ed efficiente, dove tutti devono sentirsi attori protagonisti di un miglioramento continuo. Bisogna celebrare i successi lavorativi e migliorare sulle proprie aree critiche: solo così si potenziano il singolo e la squadra.
Dicono tu sia un perfezionista. Confermi?
Io credo che sia fondamentale avere una precisa metodologia di lavoro. Quando si è logici, ordinati e preparati i risultati non tardano ad arrivare. Alcuni mi ritengono troppo meticoloso e ammetto che gli anni hanno rinforzato questa mia natura perfezionista ma per me fare un ottimo lavoro è, prima di tutto, una sfida personale. Tutti i giorni mi chiedo: “Domani potrò fare meglio di quanto ho fatto oggi?”.
Tra qualche anno andrò in pensione e ho deciso di racchiudere la mia esperienza in un “manuale” sullo stampaggio (in particolare sui settaggi), che lascerò a NTS come segno tangibile di continuità professionale. Desidero non mettere in difficoltà chi verrà dopo di me, perché credo che il bene dell’azienda debba sempre essere anteposto a tutto.
Cosa ti piace di NTS?
Il clima collaborativo, la libertà di fare il proprio meglio, il piacere di lavorare in una famiglia dove anche chi sta al vertice si “sporca le mani” con chi sta in produzione. In molti hanno a cuore il benessere aziendale e se ne prendono carico
Che clima regna in NTS?
In questi anni ho creato rapporti professionali solidi, oltre a rapporti di amicizia sincera.
Nonostante io abbia 56 anni, mi diverto ancora come un ragazzino quando gioco a pallone con amici-colleghi e ci troviamo, a fine serata, a mangiare una pizza insieme. Alla fine sono le cose semplici che ci rendono appagati.
Ami il calcio?
Tantissimo. Ho fatto di tutto: il giocatore ricoprendo tutti i ruoli, l’arbitro, l’allenatore fino alla carica di Presidente nella Società Calcetto Canonica d’Adda. A questo sport è anche legato un mio grande rimpianto: a 14 anni giocavo in serie D come portiere, ero anche bravo. Ma avevo bisogno di lavorare e nessuno mi ha spronato a perseguire questa passione che sarebbe potuta anche diventare un lavoro.
Nel tempo libero, ti piace viaggiare?
Ho la Francia nel cuore.
Mia mamma è originaria del Lago di Endine e mio papà ha origini abruzzesi, si sposarono e poi espatriarono nel dopoguerra, ai tempi in cui la Francia richiedeva forza lavoro all’Italia.
Sono nato in un posto bellissimo, a Mont Saint Martin, così come mio fratello Marc.
Avevo sei anni quando i miei decisero di ritornare in Italia, una scelta che non ho preso bene: amavo la Francia e la amo ancora. Appena posso, vado a visitarla, ho anche mantenuto la doppia nazionalità, a riprova della mia fedeltà.
Che cosa ti ha insegnato quella esperienza?
In Francia vivevo in un ghetto dove c’erano senegalesi, tunisini, italiani. Sono cresciuto in mezzo agli altri e mi sono sempre integrato. A dire il vero, non ho mai sentito differenze. Il brutto è stato quando sono tornato in Italia e ho provato sulla mia pelle il razzismo: mi discriminavano per il mio accento, per come ero vestito, persino per il mio nome troppo esotico. Da allora ho deciso che non sarei mai stato razzista e che avrei insegnato ai miei figli che la diversità è sempre un arricchimento.
Oltre al calcio, c’è un’altra passione?
La musica. Gestisco un gruppo musicale anni ‘80 e suono alcuni strumenti musicali a orecchio. Nessuno me lo ha insegnato, eppure me la cavo piuttosto bene. La musica è un linguaggio universale e trasmette energia e positività, per questo mi piace moltissimo.